domenica 27 maggio 2012

18 maggio 2012 - Festa dello sport a Sala Baganza.

Anche quest'anno, come consolidato negli ultimi anni, la partecipazione alla festa dello sport è stata completa ed entusiastica da parte di alcune classi delle scuole medie e delle scuole elementari dei plessi di Bardi, Pellegrino, Varsi e Varano. Moltissime le esperienze sportive in cui si sono impegnati i nostri ragazzi: dai giochi europei al pugilato, dal volley alla ginnastica, dalla danza moderna al pattinaggio.
J.S.

sabato 26 maggio 2012

Premiate dall'AIDO le scuole di Varsi, Varano e Bardi.

Giovedì, 24 maggio 2012, si è svolta la manifestazione conclusiva del concorso AIDO rivolto alle scuole medie della provincia di Parma.
Nei mesi scorsi abbiamo pubblicato i filmati e le foto dei preparativi e degli elaborati.
Nel video la premiazione delle scuole di Varsi, Varano e Bardi... e qualcosa di più.


J.S.
la terza di Bardi in seconda e nona foto, la terza di Varsi in quarta foto.

mercoledì 23 maggio 2012

Intervista (immaginaria) a Matilde di Canossa:

Marchesa, granduchessa, regina d’Italia e vicaria papale.
  1.  la ringraziamo di aver accettato la nostra richiesta di intervista. Come dobbiamo chiamarla? Marchesa? Granduchessa? O regina d’Italia?
    1. Chiamatemi pure Granduchessa di Canossa.
  2. Cosa sognava quando era bambina? Cosa avrebbe voluto fare?
    1. Da bambina sognavo di diventare una poetessa, ma sapevo che era un mestiere riservato quasi esclusivamente agli uomini. Non l’ho mai realizzato, anche se ho scritto alcune poesie.
  3. Quante lingue conosce? Le piaceva studiare?
    1. Conosco tre lingue: quello che voi chiamate il tedesco, la mia lingua d’origine, quella dei teutoni, la lingua che si parla nel nord dell’italica penisola ed infine la garrula lingua dei franchi, il francese, medievale ovviamente.
  4. Amava il suo primo marito goffredo il gobbo?
    1. Ho imparato ad amarlo col tempo, all’inizio no, anche perché ero innamorata di un altro uomo, ma non era concesso scegliere il proprio sposo, quindi mi adeguai alle regole dinastiche.
  5. E il suo secondo marito, guelfo v, lo amava?

a.        Sì, lui l’ho amato fin da subito. Era giovane e bello, ma il nostro era anche un matrimonio politico. Una lettera che gli ho scritto dimostra quanto io volessi che anche le donne potessero aspirare ad una relazione come era concesso agli uomini. Ve ne leggo un passo: « non per leggerezza femminile o per temerarietà, ma per il bene di tutto il mio regno, ti invio questa lettera accogliendo la quale tu accogli me e tutto il governo della longobardia. Ti darò tante città tanti castelli tanti nobili palazzi, oro ed argento a dismisura e soprattutto tu avrai un nome famoso, se ti renderai a me caro; e non segnarmi per l'audacia perché per prima ti assalgo col discorso. È lecito sia al sesso maschile che a quello femminile aspirare ad una legittima unione e non fa differenza se sia l'uomo o la donna a toccare la prima linea dell'amore, solo che raggiunga un matrimonio indissolubile. Addio. »



  1. Come trattano le donne nel suo tempo?
    1. Le donne non sono ben valutate, qualcuno crede persino che siamo meno intelligenti degli uomini. Che assurdita’, cose da medioevo!
  2. Com’è stato fare da mediatrice tra il papa e l’imperatore?
    1. È stato molto difficile, perché molte persone cercavano di corrompermi per appoggiare uno o l’altro, ma io sono rimasta impassibile. Erano inoltre due individui complicati, entrambi convinti di dover prevalere l’uno sull’altro. Mi ritenevo libera di agire secondo la mia volontà e decisi, non senza difficoltà, di allearmi con papa gergorio, mio secondo cugino. D’altra parte una scomunica non era una buona cosa…infine vinse papa gregorio vii.


  1. Cosa penso’ quando nel 1081 l’imperatore la depose e la bandì dall’impero?
    1. Non mi arresi; mentre mio cugino era costretto all’esilio, io resistetti e il 2 luglio 1084 sbaragliai l’esercito imperiale nella battaglia di sorbara. Ero riuscita a formare una coalizione favorevole al papato a cui avevano aderito i bolognesi!
  2. Cosa si pensava di una donna potente e intraprendente come lei?
    1. Beh, gli uomini erano molto invidiosi di una donna potente perché sapevano che avrebbe potuto governare meglio di loro! Non si puo’ certo parlare di pari opportunita’ qui, donne che hanno il potere politico ce ne sono davvero poche, purtroppo! A volte qualcuno reagiva male e mi escludeva dagli eventi mondani o da quelli importanti, come i concili.
  3. Il suo potere politico è dovuto solo alle sue abilità?
    1. Non solo, in parte l’ho ereditato dalla mia famiglia, poi, sposando uomini importanti il mio potere è aumentato.

La ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato, le faremo avere una copia dell’intervista, perché il blog non crediamo sappia cos’è…



L’intervista è stata scritta e ideata da:

Alice, Beniamino, Elena, Francesco, Gianmarco, Isacco, Melanie, Valentina.

Intervista all’assessore Angelica Lefenni


1.   Alle ultime elezioni comunali lei è stata eletta come consigliere e in seguito le è stato assegnato l’assessorato alla cultura, turismo e pari opportunità. è stata una sorpresa per lei? Qual è stata la prima sensazione?

a.   Angelica Lefenni: Sì, sicuramente è stata una sorpresa, non lo avrei mai immaginato e nemmeno pensavo a questo nel momento in cui mi sono candidata. La prima sensazione è stata di gioia, seguita poi da una grande voglia e curiosità di iniziare subito il mio lavoro.



2.    Ci può spiegare brevemente di cosa si occupa in merito alle pari opportunità nel nostro comune?

a.   Angelica Lefenni: per pari opportunità si intende l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione, razza e origine etnica, disabilità, età , orientamento sessuale. L’amministrazione comunale si occupa quindi di far sì che non venga meno il principio di l’uguaglianza, assicurando che il trattamento per gli individui sia il medesimo.

3.   Qual è il progetto o l’iniziativa ai quali lei è maggiormente affezionata? Perché?

a.   Angelica Lefenni: il progetto a cui sono più affezionata e’ una rassegna sulle donne intitolata “donnedellombra”, che partirà prossimamente ( dal 26 maggio al 16 giugno al castello pallavicino di varano melegari). si tratta di 4 incontri dedicati a quelle donne poco visibili, poco conosciute, che rimangono nell’ombra appunto. spesso abbiamo paura e discriminiamo ciò che non conosciamo, per questo credo sia importante parlarne e capire.



4.   I suoi colleghi maschi come l’hanno accolta in Consiglio e in Giunta? hanno un atteggiamento particolare nei suoi confronti?

a.   Angelica Lefenni: i miei colleghi di giunta mi hanno accolto con calore. è la prima volta che una donna entra in giunta …e pensare che siamo nel 2012! ma non hanno nei miei confronti nessun atteggiamento particolare, pari opportunità ...appunto.



5.   Parliamo di parti opportunità e di donne in politica. Secondo lei perché sono così poche le donne che hanno un ruolo politico per la comunità, sia qui che, in generale, in Italia?

a.   Angelica Lefenni: la vita lavorativa extra-domestica è una vita concepita per uomini. ricoprire un ruolo di responsabilità spesso significa consacrare la propria vita al lavoro. ci si ritrova senza tempo per altre cose. per una donna la vita familiare richiede presenza, impegno e dedizione, e la giornata è sempre di 24 ore. per un uomo non è che sia più semplice, è solo culturalmente più accettato il fatto che sia poco presente in casa. molto raro che una donna segua le sue aspirazioni professionali e suo marito abbia una carriera più modesta e passi più tempo in casa. la carriera di un politico, poi, è ricca di impegni e responsabilità che obbligano a viaggi e trasferte continue: difficile conciliare tutto questo con famiglia, casa e figli. di solito le donne riflettono bene prima di entrare in politica perché sanno quanto sia difficile conciliare questo impegno con quelli lavorativi e familiari e non solo per i tempi necessari alla discussione, ma per molti dedicati alla polemica politica utile solo a chi vive di essa. probabilmente le donne fanno fatica ad entrare in questo mondo perché si basa ancora su un modello che prende molto a prestito dall’ “arte” della guerra: vincitori e vinti, coalizioni e alleanze, alleati e nemici. l’apporto femminile alla comunità invece, è stato da sempre improntato alla cooperazione, allo scambio e alla risoluzione pratica dei problemi.



6.   Cosa si potrebbe fare, secondo lei, per aumentare il numero di donne in politica?

a.   Angelica Lefenni: forse le cose potrebbero cambiare nel momento in cui i lavori domestici verranno divisi in modo più equo. quando la cura della casa e dei figli non sarà più dominio femminile e la donna in casa avrà compreso di dover delegare e di dover anche pretendere aiuto dal proprio compagno. la società cambia quando le famiglie cambiano al loro interno. molto è stato fatto in questi anni per cercare di accrescere la presenza femminile all’interno di organi elettivi, vedi le “quote rosa”. ma la percentuale è ancora davvero troppo bassa. le donne sono elettrici (anche se non da tanto…forse anche questo incide) ma devono anche essere elette, avere la consapevolezza che essere elette dà la possibilità di migliorare qualcosa, la nostra società e noi stesse.



7.   Infine, nel suo ruolo politico-civile, le donne hanno un modo diverso di intendere la politica rispetto agli uomini?

a.   Angelica Lefenni: sì ! come accennato prima le donne hanno un modo diverso di intendere la politica, un modo più collaborativo, più risolutivo dei problemi, inoltre ascolterebbero e si impegnerebbero di più degli uomini per gli “interessi delle donne”. sono madri, quindi mettono gli altri al primo posto, sono più sensibili alle esigenze del cittadino, più concrete, meno corruttibili e non hanno sete di potere… sicuramente più donne, apporterebbero un cambiamento in senso positivo alla nostra politica !



La ringraziamo per aver risposto alle nostre domande!!!

Ci vedremo alla mostra in castello!!!

Gli allievi dell’IC Val Ceno, scuola secondaria di Varano de’ Melegari

Intervista all’ingegnere Angelica Dallara


Classe 1^a scuola secondaria di varano de’ melegari (pr)



1.   Biagio: lei occupa una posizione molto importante, è presidente di dallara engineering: esattamente di cosa si occupa?

A.Dallara: sono presidente della dallara engineering e lavoro in stretta collaborazione col mio papà che è presidente della dallara automobili, sono due società sorelle, la dallara automobili si occupa più della parte di costruzioni di automobili da corsa, la dallara engineering si occupa della parte di progetto di calcolo e di tutto ciò che è il lavoro a tavolino, e della sperimentazione dei test sulle macchine. Cosa fa un presidente di un’azienda? Presiede un consiglio di amministrazione dove ci sono diverse persone dell’azienda. In generale, come ruolo, all’inizio dell’anno stabilisce in queste riunioni cosa farà l’azienda perché, diciamo che il presidente di un’azienda è come il proprietario di una nave e, paragonando l’azienda alla nave, deve decidere dove andrà la nave quest’anno; se deve andare in grecia deve decidere quante persone porterà sulla nave, quanti viveri, quanto carburante, dove si deve fermare che tappe deve fare, cos’è più conveniente, quali sono i pericoli che potrebbe incontrare, la strategia  per raggiungere un obiettivo. L’obiettivo di un’azienda può essere un obiettivo di bilancio, per esempio dobbiamo guadagnare tot quest’anno, o essere in pareggio coi costi, come possiamo fare per raggiungerlo? Quindi un presidente fa ogni tanto delle riunioni coi suoi collaboratori, per stabilire come e dove muovere l’azienda dal punto di vista strategico e le scelte che deve fare, per esempio, ci offrono di fare una macchina per qualcuno: ci pagano abbastanza? È troppo difficile e non la sappiamo fare? Quante persone dobbiamo impiegare? Le abbiamo queste persone? Oppure ci vogliono delle persone in più, ma abbiamo i soldi per assumere delle persone in più? Situazioni di questo genere, e una riunione di questo tipo si fa una volta al mese.

Poi, invece, cosa faccio io nel quotidiano… io mi occupo della parte di promozione dell’azienda, sia dal punto di vista pubblicitario (organizzare eventi per mettere in rilievo il lavoro dell’azienda, durante le fiere), sia dal punto di vista di impegnarsi sul territorio dove l’azienda si trova, partecipando ad eventi del territorio, come la borsa di studio [ogni anno sono assegnate 2 viaggi-studio nel regno unito ai due allievi più meritevoli della scuola secondaria d 1° di varano melegari], in modo da contribuire allo sviluppo del territorio perché è molto importante che l’azienda non sia slegata dal posto in cui è. Poi mi occupo anche del clima aziendale, cosa vuole dire? Vuol dire una persona che si occupa che le persone lavorino bene, non dal punto di vista del risultato, ma che stiano bene nell’azienda, quindi si organizzano degli eventi in cui ci si ritrovi, delle feste in cui partecipino le famiglie, di dare del particolare abbigliamento perché sentano un’identità con quella azienda, si identifichino, il benessere delle persone che vivono in azienda, quindi nonostante io abbia studiato con studi tecnici, perché sono ingegnere, adesso sono diventata una persona che si occupa di strategie e di persone, e mi piace molto.



2.   Lucrezia: come ha conciliato il lavoro e la famiglia?

A.Dallara: questa è una cosa a cui gli uomini purtroppo non devono pensare. Io ho una famiglia anche piuttosto numerosa, perché ho 4 figli, il più piccolo ha la vostra età, il più grande fa l’università, quindi ho dovuto fare delle scelte per seguire i figli, cosa che deve fare ogni mamma. Se non avessi avuto dei figli allora mi sarei dedicata completamente all’azienda, restando magari 10 ore al lavoro se ce n’era bisogno, in questo caso io ho deciso, da quando sono nati i miei bambini, di stare al lavoro al mattino, finché i bambini restano a scuola, e dopo tornare a casa e poter fare il telelavoro. Il telelavoro è permesso per certi tipi di lavoro, ma per altri no, un’operaia non potrebbe, cioè lavorare a casa come se fosse in azienda, chi ha un lavoro impiegatizio ha la possibilità di lavorare a casa col computer collegato con l’azienda, quindi io lavoro dalla mia casa di parma come se lavorassi in azienda a varano, così sono lì per le esigenze dei miei figli, se devo accompagnarli a calcio o a tennis, posso staccare un attimo e poi tornare sulla scrivania dopo. Questo è stato il mio modo di conciliare il lavoro con la famiglia, probabilmente, se non avessi avuto questa possibilità o avrei avuto meno figli perché avrei capito che non ce l’avrei potuta fare, oppure sarei dovuto restare a casa; sono stata fortunata che ho un tipo di lavoro che me lo consente.


3.   Vincent: nel tempo libero, se ne ha, cosa le piace fare?

A.Dallara:  ne ho purtroppo davvero poco, a dire la verità, perché quello che ho lo impiego coi miei ragazzi, c’è sempre da portare qualcuno da qualche parte. Mi piace molto leggere, e, alla sera, se non sono troppo stanca, mi piace andare al cinema con mio marito. Altri hobby particolari non ne ho, tipo le palestre e cose simili non ho il tempo per frequentarle…



4.   Susanna: qual è il progetto al quale lei è maggiormente affezionata? Perché?

A.Dallara: direi il primo a cui ho partecipato, laureata sono venuta a lavorare in azienda e, siccome ero ingegnere aeronautico, sono andata lavorare in galleria del vento, dove si studia l’aerodinamica di una macchina da corsa, e in quel momento si stava lavorando sulla formula 1, quindi mi sono occupata di perfezionare la macchina su cui stavamo lavorando in quel periodo, nel 1988, ed è quella a cui sono più affezionata perché mi ha  permesso di entrare veramente nelle dinamiche dell’azienda e di fare concretamente qualcosa da semplice studente, piano piano ho  mosso i miei passi. Dal punto di vista ideale, il progetto che mi sta più a cuore, per quel che riguarda l’azienda, è l’inaugurazione del simulatore di guida perché è qualcosa davvero all’avanguardia in tutta italia e anche al di fuori. Poi c’è un progetto inaugurato due anni fa: abbiamo fondato una scuola che si chiama “dallara” in cui hanno tutte le nostre magliette, le nostre divise come in azienda, però è in africa, in costa d’avorio, con il signor amos grenti di medesano che si occupa di costruire per migliorare le condizioni di queste popolazioni che non hanno le nostre disponibilità, quindi li abbiamo aiutati costruendo una piccola azienda meccanica in cui i ragazzi del posto possono lavorare, non abbiamo un guadagno, però abbiamo contribuito a dare un futuro a questi ragazzi.

5.   Marco: quanto il fatto che lei sia la figlia di dallara ha influito sul ruolo che oggi occupa? È stato difficile il percorso degli studi?

A.Dallara: molto, perché la nostra azienda è piccolina ed è ancora in mano alla famiglia dallara, quindi è stato naturale andare ad occupare un posto di dirigenza vicino a mio papà, oltretutto sono rimasta l’unica figlia quindi era una cosa piuttosto naturale. Non era obbligatorio, non è che ho fatto questi studi per forza, mi hanno fatto provare e mi è piaciuto. È stato importante, se mi fossi chiamata con un altro nome, o ci fosse stato un altro figlio o figlia magari sarebbe stato lui al mio posto.



6.   Nicholas: qual era il sogno da bambina? Cosa avrebbe voluto fare?

A.Dallara: da bambina bambina volevo fare l’architetto, quando avevo la vostra età, sempre qualcosa un po’ di tecnico, poi quando ero al liceo mi ero molto appassionata di psicologia e filosofia perché avevo incominciato a studiare delle materie nuove che mi piacevano, quindi pensavo a qualcosa a che fare con le persone. Direi che alla fine ho conciliato un po’ le due cose: uno studio tecnico che mi serve molto per capire quello di cui si parla nella mia azienda, però mi sto occupando, come ho detto prima, del benessere delle persone che lavorano da noi, quindi ci voleva un po’ di affiatamento con le persone, un po’ di psicologia, quindi ho unito i miei due interessi.



7.   Daniel: ha mai pensato di cambiare lavoro, o posto di lavoro?

A.Dallara: forse quando ero all’inizio, quando magari litigavo con mio papà perché volevo fare una cosa a modo mio e lui, giustamente aveva più esperienza, e insisteva per farla in un altro modo, ho pensato: “magari se fossi da un’altra parte potrei fare come dico io!”, però in realtà no, perché c’è un attaccamento affettivo nel luogo in cui lavoro, perché mi trovo molto bene con le persone con cui lavoriamo, c’è un clima veramente di famiglia, ci conosciamo e cerchiamo di avere tante occasioni d’incontro anche fuori dal lavoro. Mi trovo bene come luogo di lavoro, sono riuscita a conciliare lavoro e famiglia, quindi no, in generale sono sempre stata molto contenta.



8.   Gloria: parliamo di parti opportunità e di donne al lavoro. Secondo lei perché in posizioni importanti come la sua ci sono poche donne in italia?

A.Dallara: perché, come ho detto prima, noi sesso femminile abbiamo questo problema di conciliare lavoro e famiglia, quindi non è una questione di capacità, io credo che le capacità le abbiamo allo stesso modo, uomini e donne, e direi anche di opportunità, al giorno d’oggi è difficile che si dica a una ragazza: “no, non puoi studiare perché non serve”, prima si diceva fermati alla 3^ media perché “tanto poi devi fare una famiglia e non ti serve  a niente”, adesso le ragazze che studiano anche alle università, in certe università, sono in numero superiore rispetto ai ragazzi. Non è una questione di capacità e di opportunità, ma è una questione di facilitare la conciliazione della famiglia col lavoro per le donne che hanno una famiglia. Se una donna non ha una famiglia e parte dicendo: “non voglio fare una famiglia, sto bene da sola, non voglio avere figli” direi che ha le stesse opportunità di un uomo in questo senso, in caso contrario se non riesce a sistemare i suoi ragazzi o ad aver n buon rapporto col marito, se non ha qualcuno che la aiuti, in questo senso difficilmente riesce ad arrivare dov’è, perché, se arriva in alto, dentro di sé è frustrata perché non è riuscita a completare la sua vita, e, dall’altro, se invece vuole pensare più al lato famigliare, non può stare otto ore al giorno perché non sa a chi affidare i suoi figli. Quindi è soprattutto per la conciliazione famiglia lavoro che gli uomini occupano maggiormente queste posizioni.



9.   Luca: cosa si potrebbe fare, secondo lei, per aumentare il numero di donne in posizioni importanti come la sua?

A.Dallara: secondo me si dovrebbero fornire dei mezzi, degli aiuti e delle situazioni per cui le donne possano stare al lavoro serene e convinte, consapevoli di avere una famiglia che, mentre è al lavoro, viene gestita in modo giusto e opportuno e che le lascia lavorare serenamente. Per lo studio è chiaro che debba studiare, ormai se una ragazza ha voglia di studiare la famiglia la fa studiare, non è una questione di strumenti sul lavoro.



10.              Domenico: nella sua ditta, a suo parere, si tengono in considerazione le pari opportunità? Si cerca di agevolare il ruolo delle lavoratrici con quello di madri?

A.Dallara: questa è una cosa di cui sono veramente molto orgogliosa, perché, nonostante la nostra azienda non sia un’azienda prevalentemente maschile, l’90% è costituito da uomini, uno potrebbe dire che il 10% di donne è una minoranza, pazienza se è un po’ svantaggiata, invece nella nostra azienda si fa tanto in questo senso. Intanto le donne che richiedono il part-time, cioè di lavorare solo mezza giornata, in generale, se non ci sono problemi particolari, vengono accontentante e la metà delle donne che lavorano da noi utilizzano il part-time; poi c’è la possibilità di fare il telelavoro, se ha un tipo di lavoro che glielo consente e, siccome tutte le donne che sono da noi sono impiegate c’è la possibilità di lavorare a casa, per esempio, adesso un nostro ingegnere che ha una responsabilità importante, perché è direttore dell’ufficio di calcolo del computer dell’aerodinamica e ha chiesto una riduzione di lavoro, lei abita  a vianino, lavora anche da casa col computer e riesce a portare avanti la gravidanza e a occuparsi dell’altro bambino.

Poi un’altra cosa che quest’anno siamo riuscita a portare a termine è la possibilità di questi campi estivi e comunque durante le vacanze dalla scuola in cui i genitori, purché uno dei due genitori lavori alla dallara, può lasciare il figlio mentre lavora e mentre le scuole son chiuse, dalla mattina quando entra al lavoro a  quando esce dal lavoro, oppure se ha un nonno che bada ai bambini e anche solo per una giornata non può, li porta lì per quelle 3 ore in cui nessuno può guardare i suoi figli e questo campo è gratuito. È stato creato grazie a un finanziamento dell’unione europea, che finanzia appunto dei progetti di conciliazione vita-lavoro, perché la comunità europea è ben consapevole di queste difficoltà che hanno le donne quando la scuola è chiusa, “a chi lasciamo i bambini?” Quando ero bambina io c’erano i nonni vicino a casa, le famiglie si spostavano meno, adesso per esempio le persone che lavorano da noi, un 50% non sono di varano, non sono neanche di parma,magari sono venute a lavorare qui, magari si sono sposati e trasferiti qui con la loro moglie e hanno cominciato ad avere una famiglia qui, ma non hanno dei nonni o dei genitori a cui si possono appoggiare, o si affidano a un babysitter, ma è costosa, oppure, ora, potranno aver la possibilità di lasciare i ragazzi che fanno sport, compiti o semplicemente giocheranno insieme seguiti da degli educatori. Questo mi sembra un buon modo per consentire alle donne di lavorare con serenità.



11.              Vincent: infine, nel suo lavoro le donne hanno la stessa capacità inventiva rispetto agli uomini o c’è differenza?

A.Dallara: capacità inventiva… direi che abbiamo notato che le donne ingegnere hanno una migliore capacità di essere precise, per cui sono particolarmente adatte per certi tipi di lavori di ingegneria, tipo calcoli, creazioni di griglie al computer, infatti in determinati reparti che si occupano dell’aerodinamica al computer o del calcolo strutturale, preferiamo, a pari curriculum, a pari voti di università e tutto, prendere una donna perché abbiamo visto che sono molto precise, si occupano di diverse cose, si dice “multitasking”; probabilmente le donne sono abituate fin da ragazzine ad occuparsi di diverse cose: la spesa, il bambino a casa, la mamma da portare all’ospedale a fare un esame, quindi sono abituate ad impegnarsi in diverse cose anche davanti a tanti obiettivi li raggiungiamo, mentre magari la mentalità maschile è più focalizzata su un obiettivo solo per cui arrivano più lontano, ma su quell’obiettivo lì, se devono occuparsi di calcoli di precisione, di diversi pezzi da mettere insieme fanno più fatica. Quindi più che di inventiva parlerei di una migliore capacità di occuparsi di diversi ambiti e con più precisione.



12.              Lucrezia: si aspettava altre domande? Vuole farsene una  lei e darsi la risposta?

A.Dallara mi avete fatto delle domande molto interessanti, avete coperto tutti gli ambiti. Forse una cosa che potreste chiedermi, cerco di farmi una domanda, è se nel mio percorso scolastico ho subito dei pregiudizi per il fatto che fossi una donna. Quando ero all’università a milano eravamo solo 2 donne su 100, eravamo un po’ delle mosche bianche, e devo dire che in generale non ho mai sentito alcuna differenza nella valutazione del mio lavoro, né nel bene né nel male, nel senso che non sono stati con un occhio di riguardo perché ero una ragazza, né dicevano “ma questa qui cosa viene a dire o cosa viene a studiare?”. Devo dire che nell’ambito tecnico non c’è per quanto riguarda la donna. Invece la situazione di discriminazione che mi ricordo di più, è stata all’esame di laurea perché c’era un solo insegnante donna, ingegnere anche lei, che non era poi la mia insegnante, era di un altro corso. Quando sono andata a discutere la mia tesi di laurea, lei è entrata dalla porta, si è seduta vicino e ha cominciato a farmi le domande, aveva il diritto di farmi le domande, ma non ero stata sua allieva, non avevo frequentato il suo corso e lo faceva col proposito di mettermi in difficoltà e c’è anche riuscita. Tant’è vero che quando sono uscita dall’esame le ho chiesto: “scusi perché proprio lei che è una donna, da cui mi aspettavo un po’ di solidarietà…” e lei mi ha risposto: “perché le donne devono faticare il doppio per arrivare”. Era una mentalità un po’ vecchia, ora avrà 80 anni, aveva quella mentalità lì, probabilmente voleva farmi dimostrare davanti agli altri professori che sapevo tirare fuori le unghie, sapevo muovermi in situazioni di difficoltà. Io non lo farei, perché credo che abbiano, uomini e donne, lo stesso livello di preparazione, non vedo perché dovrebbero dimostrare che una valga il doppio dell’altro. Comunque in altri casi non ho mai sentito un pregiudizio nei miei confronti.

A.Dallara: voi avete degli insegnanti uomini?

Allievi:

A.Dallara: e secondo voi insegnano in modo diverso rispetto alle insegnanti donne?

Allievi: sì, sono più severi.

A.Dallara: come preparazione li trovate uguali?

Allievi: sì.

A.Dallara: allora è una questione di attitudine.

Gli allievi hanno continuato l’intervista, in modo meno “formale”…

Allievi: quante lingue conosce e le piaceva studiare?

A.Dallara: a scuola ho studiato l’inglese e il tedesco, poi per conto mio per motivi di lavoro ho studiato un po’ il francese. Sì mi piaceva studiare, non ero una “secchiona”, ma mi impegnavo, vivevo la mia vita con gli amici, studiavo, ma senza diventar matta, mi piaceva studiare.

Allievi: cosa si pensa di una donna come lei?

A.Dallara: quando si vede una donna in un ruolo di comando, mi viene in mente il ministro del lavoro fornero, o il presdiente di confindustria marcegaglia, le donne le guardano con ammirazione, molti uomini pure, altri pensano che siano donne un po’ dure, perché spesso, quando una donna ha ottenuto una posizione di potere, ha dovuto tenere un atteggiamento un po’ severo per farsi rispettare perché non la prendessero sotto gamba, quindi sembrano persone dal carattere molto duro, ma quando le conosci possono essere persone dolcissime.

Allievi: nel suo lavoro è stato più difficile ottenere il suo posto rispetto a un uomo?

A.Dallara: in certi casi sì, perché anch’io in certi momenti sono dovuta sembrare più dura di quello che sono, perché in realtà sono una persona cordiale, che tende a mettere a proprio agio gli altri, però in certe situazioni quando c’era da prendere decisioni difficili per la persona che avevo davanti che voleva fare un lavoro e  io sapevo che non era adatta per farlo, oppure in quel momento c’era bisogno che quella persona in azienda in quel momento facesse un altro tipo di lavoro e che quindi io dovevo scontentarla, dovevo essere ferma in questo mio proposito, se invece mi fosse lasciata andare in un atteggiamento di conciliazione magari questa persona mi avrebbe preso sottogamba, per cui, non tanto per il fatto di essere una donna, ma perché sono io, che mi immedesimo negli altri in genere, mi sono trovata in difficoltà. Poi mi è capitato in riunioni tecniche, quando mi trovavo davanti una persona che non conoscevo, o in pista con le macchine, i piloti si aspettano che arrivi un ingegnere, uomo, e allora mi guardano come per capire “com’è questa qui?!” Trovo un po’ di diffidenza, però quando poi si lavora insieme si supera.

Allievi: le piace il suo lavoro?

A.Dallara: sì, mi piace molto, è un lavoro vario, interessante che mi permette di stare a contatto con gli altri ed è sempre nuovo, quasi ogni giorno ci sono sfide nuove, un problema da risolvere… non è un lavoro riposante.

Allievi: secondo lei i suoi figli che lavoro faranno da grandi?

A.Dallara: mio figlio più grande studia ingegneria, mia figlia carolina è meno interessata alle materie tecniche e preferisce le materie giuridiche, gli altri vedremo, però devo dire che sono tutti bravi in matematica, devo dirvi che anche mio marito è ingegnere, quindi un po’ di dna forse c’è…

Allievi: come si trovano i suoi dipendenti?

A.Dallara: dovresti chiederlo a loro, qui ci sono ragazzi i cui genitori lavorano da noi, io spero che si trovino bene, di grosse lamentele non ne abbiamo mai avute, abbiamo cercato di venire incontro ai bisogni delle persone e ce ne accorgiamo anche dal fatto che sono veramente pochi quelli che ci chiedono di andare via, si vede che si trovano bene.

Allievi: se dovesse cambiare lavoro che lavoro sceglierebbe?

A.Dallara: mi piacerebbe fare il medico; se dovessi restare nel mio ambito mi piacerebbe insegnare all’università qualche materia riguardante l’ingegneria.

Allievi: le piacerebbe lavorare a fianco di un suo figlio?

A.Dallara: sì, mi piacerebbe, se piacesse anche a lui o a lei, perché avrei modo di trasmettergli quello che ho imparato e avrei modo di imparare da lui o da lei, perché molto spesso i ragazzi che arrivano hanno una mentalità più aperta di una che ha sempre studiato o affrontato un problema con lo stesso approccio, per cui hanno dei modi di affrontare i problemi che possono insegnare anche a chi ha più esperienza.

Allievi: nei suoi progetti ce n’è qualcuno di cui si è pentita o ha avuto rimorsi?

A.Dallara: rimorsi no, perché le nostre macchine sono molto sicure, per me sarebbe un rimorso se producessimo una macchina che non è sicura e provoca un incidente e qualcuno si fa male, visto che al primo posto c’è la sicurezza del pilota. Anzi, al contrario, ci è capitato che un pilota ci venisse a dire che grazie alla sicurezza di questa macchina mi sono salvato la vita. Forse rimpianti per non aver accettato un tiopo di lavoro, poi a posteriori abbiamo pensato che avremmo potuto farlo, magari pensavamo di non aver abbastanza personale e invece ce l’avremmo fatta, in quel senso lì, sì.

Allievi: da quanti anni lavora da dallara?

A.Dallara: 24.

Allievi: quanti dipendenti ha l’azienda?

A.Dallara: 180, impiegati 100, 80 operai specializzati.

Allievi: suo marito lavora con lei?

A.Dallara: sì, ma lui si occupa della ricerca e dello sviluppo dei prodotti tecnologici, in un altro ufficio, ben lontani, però capita che quando si torna a casa si parli di lavori e si bisticci su queste cose, ma è un po’ difficile dire “non ne parlo più di lavoro” quando si lavora nello stesso ambito, spesso se ne parla anche a casa. C’è un risvolto positivo, perché se io ho il nervoso perché al lavoro non è andata bene una cosa posso parlargli e lui può capisce perfettamente ciò di cui parlo perché magari l’ha vissuto anche lui in qualche modo.

Professoressa: consiglierebbe alle ragazze di fare il suo percorso di studi oppure no?

A.Dallara: se sono portate per la matematica e le materie scientifiche sì, perché l’ingegneria è uno dei pochi settori in cui si trova lavoro sempre, vista la crisi dell’occupazione, non c’è problema di disoccupazione in questo campo, il lavoro è interessante. Purché siano portate.

Qui è terminata l’intervista all’ingegner Angelica Dallara, la ringraziamo per la disponibilità e la cordialità che ci ha riservato. E’ stata senza dubbio una delle esperienze più significative vissute quest’anno per la nostra classe!

Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!

L’intervista è stata fatta da tutti i ragazzi della classe, le prime domande da biagio, daniel, domenico, gloria, luca, lucrezia, marco, nicholas e vincent.

Donne nella resistenza nella nostra vallata


Vi racconto la storia della signora  Celestina  Previdi che, da ragazza,  faceva  la  staffetta partigiana per i partigiani di Fornovo di Taro. Frequentemente portava messaggi agli altri partigiani nelle vicinanze, viaggiava in bicicletta e, a volte, incontrava tedeschi o fascisti, non erano begli incontri quelli, ogni volta poteva essere scoperta, ma essendo donna la lasciavano passare senza farle troppi problemi.

Alla fine della guerra divenne insegnante e poi, una volta in pensione, diventò giudice di pace conseguendone una brillante carriera.

Questo secondo me è un buon esempio di pari opportunità, quando di pari opportunità non se ne parlava ancora.



Errico



I nonni di mia nonna, durante la resistenza, ospitarono in casa loro uomini e ragazzi che scappavano dai nazisti. Erano più o meno 25. Il 10 gennaio del 1945, di mattina, i ragazzi stavano facendo colazione e, lo zio di mia nonna, stava uscendo per andar nella stalla. Quando aprì la porta si accorse che la casa era completamente circondata dalle truppe tedesche. I nazisti entrarono dentro la casa con le armi in pugno e portarono i fuggitivi a un chilometro di distanza, in un prato. Li misero a ferro di cavallo e li trucidarono. Solo 5 o 6 ragazzi, che per loro fortuna non erano ancora scesi a fare colazione, si salvarono. Quelli uccisi, sono ora, i famosi Caduti del Dordia.

Michela


Donne al lavoro, ieri e oggi


Ho deciso di raccontarvi la storia di due donne della mia famiglia. Mia nonna, nata nel 1933 a Pizzighettone, ha cominciato a lavorare in fabbrica all’età di 19 anni circa. Dopo 13 anni, quando lei ne aveva 33, ebbe un incidente: lavorava accanto alle macchine per tessere, e un giorno si tagliò completamente le prime falangi delle dita della mano sinistra. Dopo quell’incidente smise di lavorare. La sua vita si complicò quando nacque un figlio: Antonio, mio zio. Allora mia nonna e mio nonno aprirono un panificio.

Ora, in quel panificio, lavora mia mamma. La sua vita è molto difficile, perché dopo otto o dieci ore, a volte anche dodici, deve pensare alla casa e alla famiglia, anche se a volte la aiutiamo. Non ci pensiamo mai, ma è un doppio lavoro quello che fanno le donne: fuori e dentro casa…

Andrea

Emancipazione e Femminismo

IL LUNGO CAMMINO VERSO LE PARI OPPORTUNITA'

UN PO' DI DEFINIZIONI...
Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di

fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e

l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del

Paese.
Art. 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al

lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione

familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro,

il diritto alla parità di retribuzione.
                                                                                                                                                    (Costituzione italiana))
Articolo 21

Non discriminazione

1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul

sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le

caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali,

le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una

minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le

tendenze sessuali.

2. Nell'ambito d'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e

del trattato sull'Unione europea. È vietata qualsiasi discriminazione

fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute

nei trattati stessi.
Articolo 23

Parità tra uomini e donne

La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso

in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che

prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.



(Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea. Nizza, 2000)





Questi sono solo alcuni, significativi stralci di come le nostre attuali leggi regolino e tutelino la parità delle opportunità tra uomo e donna, a dimostrazione di come, almeno nella teoria, si sia creata molta consapevolezza sul ruolo della donna e sul suo valore in quanto essere umano e cittadina.

La cronaca quotidiana, però, ancora troppo spesso ci racconta di discriminazioni, abusi fisici e psicologici che ancora vengono compiuti sulle donne, quasi sempre da parte degli uomini...l'emancipazione reale della donna, posta come questione di primo piano dai movimenti femministi fin dalla metà degli anni '60, evidentemente, è stata raggiunta solo in parte, ed è per questo che ci è sembrato giusto riflettere sul significato del termine emancipazione e capire meglio il valore dei movimenti a sostegno dell'indipendenza della donna.





“Vorrei che le donne avessero potere non sugli uomini, ma su loro stesse.”

Mary Wollstonecraft, Rivendicazione dei diritti della donna, 1792

EMANCIPAZIONE:
L'etimologia del termine è latina: è un composto di E (E-/EX- che significa "fuori di") e MANCIPIUM (che significa "dominio/proprietà"); esprimeva l'atto solenne, presso i romani, con il quale il padre di famiglia davanti al magistrato ed alla presenza di cinque testimoni dichiarava il figlio libero dalla propria patria potestà.
Quindi, il termine indica che la persona diventa padrona di se stessa, ha la libertà di scegliere di essere ciò che desidera, di dire o fare ciò che vuole, di non avere vincoli. Il raggiungimento di questa condizione è molto difficile, soprattutto nell'ambito femminile; lo testimonia anche la storia.

E' sulla base di queste sempre crescenti consapevolezze che le femministe degli anni 70 coniarono slogan del tipo:

 " Io sono mia!"

"Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta"

Il percorso di emancipazione della donna, infatti, che secondo noi è uno dei primi passi che si sono fatti per arrivare alla consapevolezza che fossero garantite per legge pari opportunità tra uomini e donne, è stato diversamente vissuto nei diversi Paesi, in particolare in Italia è stato piuttosto lento, in quanto soffocato dal fascismo che trattò le donne in modo reazionario: erano l'anello debole della società. La loro utilità consisteva nella procreazione ( per un esercito forte). Furono approvate numerose norme che ne limitavano la libertà e la possibilità di carriera (avvocatura e magistratura non erano concesse per gli sbalzi umorali dovuti al ciclo mestruale!!!!!).

Le due guerre mondiali furono occasione per le donne di avere libero accesso alle professioni operaie e anche a quelle intellettuali. Ci furono anche molte eroine partigiane. Ora rimaneva da sancire una uguaglianza anche a livello legislativo e nella mentalità comune.
Il primo paese al mondo a dare il voto alle donne è stato la Nuova Zelanda nel 1893. In Italia, solo nel 1946 si concesse anche alle donne il diritto di voto.

Il riconoscimento dell'uguaglianza, anche morale, e soprattutto di una completa emancipazione, lo si ebbe dopo la ventata del 1968 con le proteste femministe; tali proteste portarono all'approvazione delle leggi sull'aborto e sul divorzio.

Negli anni successivi, donne di grande spessore, come Tina Anselmi e Nilde Iotti, occuparono posti di primo piano nella politica italiana, e, successivamente, sempre più passi in avanti furono fatti anche in ambito legislativo per sostenere e difendere i diritti delle donne e quindi il fatto che dovessero esserci pari opportunità tra loro e gli uomini.
SECONDO NOI... Quando abbiamo parlato per la prima volta, in classe, di Pari Opportunità, pochi di noi avevano chiaro in testa che cosa significassero queste parole; poi, approfondendo un pò il discorso, abbiamo capito alcune cose; innanzitutto, che le pari opportunità non sono da intendersi solo e unicamente come rapporto tra uomo e donna, ma come garanzia di uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini (ad esempio discriminazioni verso i disabili).

Abbiamo comunque deciso di focalizzare la nostra ricerca sul rapporto tra parità ed emancipazione della donna e, dopo aver svolto alcune ricerche e dibattiti, siamo giunti alla conclusione che forse, se ben intesi, i termini di emancipazione femminile e di pari opportunità sono oggi molto "vicini" come significato profondo. Forse non è troppo azzardato dire che si può intendere, in un'ottica attuale, il femminismo come idea di uguaglianza, nel senso di parità dei diritti, non più di contrapposizione a tutti i costi contro gli uomini.

Pensiamo che sarebbe giusto che ci fosse, veramente, un vero confronto in ambito lavorativo e all’ interno della società tra uomini e donne, smettendo di considerare quello femminile "il sesso debole".

A volte si sente dire che la donna è diventata libera come l’uomo perché ha un comportamento sessuale più libero, ma questa non è vera emancipazione, anzi semmai è il contrario. Probabilmente le donne non sono aiutate dal fatto che la nostra società in realtà le svaluta, le propone troppo spesso come immagini di bellezza e desiderio fine a se stessi.

Spesso se  riescono ad ottenere qualcosa in ambiti che non riguardano la casa,  si pensa che le donne lo abbiano ottenuto per ragioni che non riguardano le loro competenze e conoscenze.

Ci saranno davvero pari opportunità quando si riusciranno ad abolire tutti questi pregiudizi sul mondo femminile, non solo con leggi scritte, ma con un cambiamento profondo nelle menti di uomini e donne.

Occorre, insomma, riconoscere la pari dignità degli esseri umani in quanto tali, a prescindere dalle differenze di genere, considerando sia donne che uomini come soggetti della nostra società, liberi di pensare e di agire.

I.C. VAL CENO, classe III Bardi
Bibliografia:

La Costituzione italiana
Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea
G. Solfaroli Camillocci, "Io nella storia", ed. Sei
Vecchio G., Saresella, D., Trionfini, P. “L'Italia contemporanea", ed. Monduzzi
www.pariopportunita.gov.it/
comunicazionedigenere.wordpress.com/2011/06/11/femminismo-ma-cose/
www.psicologiadonna.altervista.org/My_Homepage_Files/Page54.html