mercoledì 23 maggio 2012

Intervista all’ingegnere Angelica Dallara


Classe 1^a scuola secondaria di varano de’ melegari (pr)



1.   Biagio: lei occupa una posizione molto importante, è presidente di dallara engineering: esattamente di cosa si occupa?

A.Dallara: sono presidente della dallara engineering e lavoro in stretta collaborazione col mio papà che è presidente della dallara automobili, sono due società sorelle, la dallara automobili si occupa più della parte di costruzioni di automobili da corsa, la dallara engineering si occupa della parte di progetto di calcolo e di tutto ciò che è il lavoro a tavolino, e della sperimentazione dei test sulle macchine. Cosa fa un presidente di un’azienda? Presiede un consiglio di amministrazione dove ci sono diverse persone dell’azienda. In generale, come ruolo, all’inizio dell’anno stabilisce in queste riunioni cosa farà l’azienda perché, diciamo che il presidente di un’azienda è come il proprietario di una nave e, paragonando l’azienda alla nave, deve decidere dove andrà la nave quest’anno; se deve andare in grecia deve decidere quante persone porterà sulla nave, quanti viveri, quanto carburante, dove si deve fermare che tappe deve fare, cos’è più conveniente, quali sono i pericoli che potrebbe incontrare, la strategia  per raggiungere un obiettivo. L’obiettivo di un’azienda può essere un obiettivo di bilancio, per esempio dobbiamo guadagnare tot quest’anno, o essere in pareggio coi costi, come possiamo fare per raggiungerlo? Quindi un presidente fa ogni tanto delle riunioni coi suoi collaboratori, per stabilire come e dove muovere l’azienda dal punto di vista strategico e le scelte che deve fare, per esempio, ci offrono di fare una macchina per qualcuno: ci pagano abbastanza? È troppo difficile e non la sappiamo fare? Quante persone dobbiamo impiegare? Le abbiamo queste persone? Oppure ci vogliono delle persone in più, ma abbiamo i soldi per assumere delle persone in più? Situazioni di questo genere, e una riunione di questo tipo si fa una volta al mese.

Poi, invece, cosa faccio io nel quotidiano… io mi occupo della parte di promozione dell’azienda, sia dal punto di vista pubblicitario (organizzare eventi per mettere in rilievo il lavoro dell’azienda, durante le fiere), sia dal punto di vista di impegnarsi sul territorio dove l’azienda si trova, partecipando ad eventi del territorio, come la borsa di studio [ogni anno sono assegnate 2 viaggi-studio nel regno unito ai due allievi più meritevoli della scuola secondaria d 1° di varano melegari], in modo da contribuire allo sviluppo del territorio perché è molto importante che l’azienda non sia slegata dal posto in cui è. Poi mi occupo anche del clima aziendale, cosa vuole dire? Vuol dire una persona che si occupa che le persone lavorino bene, non dal punto di vista del risultato, ma che stiano bene nell’azienda, quindi si organizzano degli eventi in cui ci si ritrovi, delle feste in cui partecipino le famiglie, di dare del particolare abbigliamento perché sentano un’identità con quella azienda, si identifichino, il benessere delle persone che vivono in azienda, quindi nonostante io abbia studiato con studi tecnici, perché sono ingegnere, adesso sono diventata una persona che si occupa di strategie e di persone, e mi piace molto.



2.   Lucrezia: come ha conciliato il lavoro e la famiglia?

A.Dallara: questa è una cosa a cui gli uomini purtroppo non devono pensare. Io ho una famiglia anche piuttosto numerosa, perché ho 4 figli, il più piccolo ha la vostra età, il più grande fa l’università, quindi ho dovuto fare delle scelte per seguire i figli, cosa che deve fare ogni mamma. Se non avessi avuto dei figli allora mi sarei dedicata completamente all’azienda, restando magari 10 ore al lavoro se ce n’era bisogno, in questo caso io ho deciso, da quando sono nati i miei bambini, di stare al lavoro al mattino, finché i bambini restano a scuola, e dopo tornare a casa e poter fare il telelavoro. Il telelavoro è permesso per certi tipi di lavoro, ma per altri no, un’operaia non potrebbe, cioè lavorare a casa come se fosse in azienda, chi ha un lavoro impiegatizio ha la possibilità di lavorare a casa col computer collegato con l’azienda, quindi io lavoro dalla mia casa di parma come se lavorassi in azienda a varano, così sono lì per le esigenze dei miei figli, se devo accompagnarli a calcio o a tennis, posso staccare un attimo e poi tornare sulla scrivania dopo. Questo è stato il mio modo di conciliare il lavoro con la famiglia, probabilmente, se non avessi avuto questa possibilità o avrei avuto meno figli perché avrei capito che non ce l’avrei potuta fare, oppure sarei dovuto restare a casa; sono stata fortunata che ho un tipo di lavoro che me lo consente.


3.   Vincent: nel tempo libero, se ne ha, cosa le piace fare?

A.Dallara:  ne ho purtroppo davvero poco, a dire la verità, perché quello che ho lo impiego coi miei ragazzi, c’è sempre da portare qualcuno da qualche parte. Mi piace molto leggere, e, alla sera, se non sono troppo stanca, mi piace andare al cinema con mio marito. Altri hobby particolari non ne ho, tipo le palestre e cose simili non ho il tempo per frequentarle…



4.   Susanna: qual è il progetto al quale lei è maggiormente affezionata? Perché?

A.Dallara: direi il primo a cui ho partecipato, laureata sono venuta a lavorare in azienda e, siccome ero ingegnere aeronautico, sono andata lavorare in galleria del vento, dove si studia l’aerodinamica di una macchina da corsa, e in quel momento si stava lavorando sulla formula 1, quindi mi sono occupata di perfezionare la macchina su cui stavamo lavorando in quel periodo, nel 1988, ed è quella a cui sono più affezionata perché mi ha  permesso di entrare veramente nelle dinamiche dell’azienda e di fare concretamente qualcosa da semplice studente, piano piano ho  mosso i miei passi. Dal punto di vista ideale, il progetto che mi sta più a cuore, per quel che riguarda l’azienda, è l’inaugurazione del simulatore di guida perché è qualcosa davvero all’avanguardia in tutta italia e anche al di fuori. Poi c’è un progetto inaugurato due anni fa: abbiamo fondato una scuola che si chiama “dallara” in cui hanno tutte le nostre magliette, le nostre divise come in azienda, però è in africa, in costa d’avorio, con il signor amos grenti di medesano che si occupa di costruire per migliorare le condizioni di queste popolazioni che non hanno le nostre disponibilità, quindi li abbiamo aiutati costruendo una piccola azienda meccanica in cui i ragazzi del posto possono lavorare, non abbiamo un guadagno, però abbiamo contribuito a dare un futuro a questi ragazzi.

5.   Marco: quanto il fatto che lei sia la figlia di dallara ha influito sul ruolo che oggi occupa? È stato difficile il percorso degli studi?

A.Dallara: molto, perché la nostra azienda è piccolina ed è ancora in mano alla famiglia dallara, quindi è stato naturale andare ad occupare un posto di dirigenza vicino a mio papà, oltretutto sono rimasta l’unica figlia quindi era una cosa piuttosto naturale. Non era obbligatorio, non è che ho fatto questi studi per forza, mi hanno fatto provare e mi è piaciuto. È stato importante, se mi fossi chiamata con un altro nome, o ci fosse stato un altro figlio o figlia magari sarebbe stato lui al mio posto.



6.   Nicholas: qual era il sogno da bambina? Cosa avrebbe voluto fare?

A.Dallara: da bambina bambina volevo fare l’architetto, quando avevo la vostra età, sempre qualcosa un po’ di tecnico, poi quando ero al liceo mi ero molto appassionata di psicologia e filosofia perché avevo incominciato a studiare delle materie nuove che mi piacevano, quindi pensavo a qualcosa a che fare con le persone. Direi che alla fine ho conciliato un po’ le due cose: uno studio tecnico che mi serve molto per capire quello di cui si parla nella mia azienda, però mi sto occupando, come ho detto prima, del benessere delle persone che lavorano da noi, quindi ci voleva un po’ di affiatamento con le persone, un po’ di psicologia, quindi ho unito i miei due interessi.



7.   Daniel: ha mai pensato di cambiare lavoro, o posto di lavoro?

A.Dallara: forse quando ero all’inizio, quando magari litigavo con mio papà perché volevo fare una cosa a modo mio e lui, giustamente aveva più esperienza, e insisteva per farla in un altro modo, ho pensato: “magari se fossi da un’altra parte potrei fare come dico io!”, però in realtà no, perché c’è un attaccamento affettivo nel luogo in cui lavoro, perché mi trovo molto bene con le persone con cui lavoriamo, c’è un clima veramente di famiglia, ci conosciamo e cerchiamo di avere tante occasioni d’incontro anche fuori dal lavoro. Mi trovo bene come luogo di lavoro, sono riuscita a conciliare lavoro e famiglia, quindi no, in generale sono sempre stata molto contenta.



8.   Gloria: parliamo di parti opportunità e di donne al lavoro. Secondo lei perché in posizioni importanti come la sua ci sono poche donne in italia?

A.Dallara: perché, come ho detto prima, noi sesso femminile abbiamo questo problema di conciliare lavoro e famiglia, quindi non è una questione di capacità, io credo che le capacità le abbiamo allo stesso modo, uomini e donne, e direi anche di opportunità, al giorno d’oggi è difficile che si dica a una ragazza: “no, non puoi studiare perché non serve”, prima si diceva fermati alla 3^ media perché “tanto poi devi fare una famiglia e non ti serve  a niente”, adesso le ragazze che studiano anche alle università, in certe università, sono in numero superiore rispetto ai ragazzi. Non è una questione di capacità e di opportunità, ma è una questione di facilitare la conciliazione della famiglia col lavoro per le donne che hanno una famiglia. Se una donna non ha una famiglia e parte dicendo: “non voglio fare una famiglia, sto bene da sola, non voglio avere figli” direi che ha le stesse opportunità di un uomo in questo senso, in caso contrario se non riesce a sistemare i suoi ragazzi o ad aver n buon rapporto col marito, se non ha qualcuno che la aiuti, in questo senso difficilmente riesce ad arrivare dov’è, perché, se arriva in alto, dentro di sé è frustrata perché non è riuscita a completare la sua vita, e, dall’altro, se invece vuole pensare più al lato famigliare, non può stare otto ore al giorno perché non sa a chi affidare i suoi figli. Quindi è soprattutto per la conciliazione famiglia lavoro che gli uomini occupano maggiormente queste posizioni.



9.   Luca: cosa si potrebbe fare, secondo lei, per aumentare il numero di donne in posizioni importanti come la sua?

A.Dallara: secondo me si dovrebbero fornire dei mezzi, degli aiuti e delle situazioni per cui le donne possano stare al lavoro serene e convinte, consapevoli di avere una famiglia che, mentre è al lavoro, viene gestita in modo giusto e opportuno e che le lascia lavorare serenamente. Per lo studio è chiaro che debba studiare, ormai se una ragazza ha voglia di studiare la famiglia la fa studiare, non è una questione di strumenti sul lavoro.



10.              Domenico: nella sua ditta, a suo parere, si tengono in considerazione le pari opportunità? Si cerca di agevolare il ruolo delle lavoratrici con quello di madri?

A.Dallara: questa è una cosa di cui sono veramente molto orgogliosa, perché, nonostante la nostra azienda non sia un’azienda prevalentemente maschile, l’90% è costituito da uomini, uno potrebbe dire che il 10% di donne è una minoranza, pazienza se è un po’ svantaggiata, invece nella nostra azienda si fa tanto in questo senso. Intanto le donne che richiedono il part-time, cioè di lavorare solo mezza giornata, in generale, se non ci sono problemi particolari, vengono accontentante e la metà delle donne che lavorano da noi utilizzano il part-time; poi c’è la possibilità di fare il telelavoro, se ha un tipo di lavoro che glielo consente e, siccome tutte le donne che sono da noi sono impiegate c’è la possibilità di lavorare a casa, per esempio, adesso un nostro ingegnere che ha una responsabilità importante, perché è direttore dell’ufficio di calcolo del computer dell’aerodinamica e ha chiesto una riduzione di lavoro, lei abita  a vianino, lavora anche da casa col computer e riesce a portare avanti la gravidanza e a occuparsi dell’altro bambino.

Poi un’altra cosa che quest’anno siamo riuscita a portare a termine è la possibilità di questi campi estivi e comunque durante le vacanze dalla scuola in cui i genitori, purché uno dei due genitori lavori alla dallara, può lasciare il figlio mentre lavora e mentre le scuole son chiuse, dalla mattina quando entra al lavoro a  quando esce dal lavoro, oppure se ha un nonno che bada ai bambini e anche solo per una giornata non può, li porta lì per quelle 3 ore in cui nessuno può guardare i suoi figli e questo campo è gratuito. È stato creato grazie a un finanziamento dell’unione europea, che finanzia appunto dei progetti di conciliazione vita-lavoro, perché la comunità europea è ben consapevole di queste difficoltà che hanno le donne quando la scuola è chiusa, “a chi lasciamo i bambini?” Quando ero bambina io c’erano i nonni vicino a casa, le famiglie si spostavano meno, adesso per esempio le persone che lavorano da noi, un 50% non sono di varano, non sono neanche di parma,magari sono venute a lavorare qui, magari si sono sposati e trasferiti qui con la loro moglie e hanno cominciato ad avere una famiglia qui, ma non hanno dei nonni o dei genitori a cui si possono appoggiare, o si affidano a un babysitter, ma è costosa, oppure, ora, potranno aver la possibilità di lasciare i ragazzi che fanno sport, compiti o semplicemente giocheranno insieme seguiti da degli educatori. Questo mi sembra un buon modo per consentire alle donne di lavorare con serenità.



11.              Vincent: infine, nel suo lavoro le donne hanno la stessa capacità inventiva rispetto agli uomini o c’è differenza?

A.Dallara: capacità inventiva… direi che abbiamo notato che le donne ingegnere hanno una migliore capacità di essere precise, per cui sono particolarmente adatte per certi tipi di lavori di ingegneria, tipo calcoli, creazioni di griglie al computer, infatti in determinati reparti che si occupano dell’aerodinamica al computer o del calcolo strutturale, preferiamo, a pari curriculum, a pari voti di università e tutto, prendere una donna perché abbiamo visto che sono molto precise, si occupano di diverse cose, si dice “multitasking”; probabilmente le donne sono abituate fin da ragazzine ad occuparsi di diverse cose: la spesa, il bambino a casa, la mamma da portare all’ospedale a fare un esame, quindi sono abituate ad impegnarsi in diverse cose anche davanti a tanti obiettivi li raggiungiamo, mentre magari la mentalità maschile è più focalizzata su un obiettivo solo per cui arrivano più lontano, ma su quell’obiettivo lì, se devono occuparsi di calcoli di precisione, di diversi pezzi da mettere insieme fanno più fatica. Quindi più che di inventiva parlerei di una migliore capacità di occuparsi di diversi ambiti e con più precisione.



12.              Lucrezia: si aspettava altre domande? Vuole farsene una  lei e darsi la risposta?

A.Dallara mi avete fatto delle domande molto interessanti, avete coperto tutti gli ambiti. Forse una cosa che potreste chiedermi, cerco di farmi una domanda, è se nel mio percorso scolastico ho subito dei pregiudizi per il fatto che fossi una donna. Quando ero all’università a milano eravamo solo 2 donne su 100, eravamo un po’ delle mosche bianche, e devo dire che in generale non ho mai sentito alcuna differenza nella valutazione del mio lavoro, né nel bene né nel male, nel senso che non sono stati con un occhio di riguardo perché ero una ragazza, né dicevano “ma questa qui cosa viene a dire o cosa viene a studiare?”. Devo dire che nell’ambito tecnico non c’è per quanto riguarda la donna. Invece la situazione di discriminazione che mi ricordo di più, è stata all’esame di laurea perché c’era un solo insegnante donna, ingegnere anche lei, che non era poi la mia insegnante, era di un altro corso. Quando sono andata a discutere la mia tesi di laurea, lei è entrata dalla porta, si è seduta vicino e ha cominciato a farmi le domande, aveva il diritto di farmi le domande, ma non ero stata sua allieva, non avevo frequentato il suo corso e lo faceva col proposito di mettermi in difficoltà e c’è anche riuscita. Tant’è vero che quando sono uscita dall’esame le ho chiesto: “scusi perché proprio lei che è una donna, da cui mi aspettavo un po’ di solidarietà…” e lei mi ha risposto: “perché le donne devono faticare il doppio per arrivare”. Era una mentalità un po’ vecchia, ora avrà 80 anni, aveva quella mentalità lì, probabilmente voleva farmi dimostrare davanti agli altri professori che sapevo tirare fuori le unghie, sapevo muovermi in situazioni di difficoltà. Io non lo farei, perché credo che abbiano, uomini e donne, lo stesso livello di preparazione, non vedo perché dovrebbero dimostrare che una valga il doppio dell’altro. Comunque in altri casi non ho mai sentito un pregiudizio nei miei confronti.

A.Dallara: voi avete degli insegnanti uomini?

Allievi:

A.Dallara: e secondo voi insegnano in modo diverso rispetto alle insegnanti donne?

Allievi: sì, sono più severi.

A.Dallara: come preparazione li trovate uguali?

Allievi: sì.

A.Dallara: allora è una questione di attitudine.

Gli allievi hanno continuato l’intervista, in modo meno “formale”…

Allievi: quante lingue conosce e le piaceva studiare?

A.Dallara: a scuola ho studiato l’inglese e il tedesco, poi per conto mio per motivi di lavoro ho studiato un po’ il francese. Sì mi piaceva studiare, non ero una “secchiona”, ma mi impegnavo, vivevo la mia vita con gli amici, studiavo, ma senza diventar matta, mi piaceva studiare.

Allievi: cosa si pensa di una donna come lei?

A.Dallara: quando si vede una donna in un ruolo di comando, mi viene in mente il ministro del lavoro fornero, o il presdiente di confindustria marcegaglia, le donne le guardano con ammirazione, molti uomini pure, altri pensano che siano donne un po’ dure, perché spesso, quando una donna ha ottenuto una posizione di potere, ha dovuto tenere un atteggiamento un po’ severo per farsi rispettare perché non la prendessero sotto gamba, quindi sembrano persone dal carattere molto duro, ma quando le conosci possono essere persone dolcissime.

Allievi: nel suo lavoro è stato più difficile ottenere il suo posto rispetto a un uomo?

A.Dallara: in certi casi sì, perché anch’io in certi momenti sono dovuta sembrare più dura di quello che sono, perché in realtà sono una persona cordiale, che tende a mettere a proprio agio gli altri, però in certe situazioni quando c’era da prendere decisioni difficili per la persona che avevo davanti che voleva fare un lavoro e  io sapevo che non era adatta per farlo, oppure in quel momento c’era bisogno che quella persona in azienda in quel momento facesse un altro tipo di lavoro e che quindi io dovevo scontentarla, dovevo essere ferma in questo mio proposito, se invece mi fosse lasciata andare in un atteggiamento di conciliazione magari questa persona mi avrebbe preso sottogamba, per cui, non tanto per il fatto di essere una donna, ma perché sono io, che mi immedesimo negli altri in genere, mi sono trovata in difficoltà. Poi mi è capitato in riunioni tecniche, quando mi trovavo davanti una persona che non conoscevo, o in pista con le macchine, i piloti si aspettano che arrivi un ingegnere, uomo, e allora mi guardano come per capire “com’è questa qui?!” Trovo un po’ di diffidenza, però quando poi si lavora insieme si supera.

Allievi: le piace il suo lavoro?

A.Dallara: sì, mi piace molto, è un lavoro vario, interessante che mi permette di stare a contatto con gli altri ed è sempre nuovo, quasi ogni giorno ci sono sfide nuove, un problema da risolvere… non è un lavoro riposante.

Allievi: secondo lei i suoi figli che lavoro faranno da grandi?

A.Dallara: mio figlio più grande studia ingegneria, mia figlia carolina è meno interessata alle materie tecniche e preferisce le materie giuridiche, gli altri vedremo, però devo dire che sono tutti bravi in matematica, devo dirvi che anche mio marito è ingegnere, quindi un po’ di dna forse c’è…

Allievi: come si trovano i suoi dipendenti?

A.Dallara: dovresti chiederlo a loro, qui ci sono ragazzi i cui genitori lavorano da noi, io spero che si trovino bene, di grosse lamentele non ne abbiamo mai avute, abbiamo cercato di venire incontro ai bisogni delle persone e ce ne accorgiamo anche dal fatto che sono veramente pochi quelli che ci chiedono di andare via, si vede che si trovano bene.

Allievi: se dovesse cambiare lavoro che lavoro sceglierebbe?

A.Dallara: mi piacerebbe fare il medico; se dovessi restare nel mio ambito mi piacerebbe insegnare all’università qualche materia riguardante l’ingegneria.

Allievi: le piacerebbe lavorare a fianco di un suo figlio?

A.Dallara: sì, mi piacerebbe, se piacesse anche a lui o a lei, perché avrei modo di trasmettergli quello che ho imparato e avrei modo di imparare da lui o da lei, perché molto spesso i ragazzi che arrivano hanno una mentalità più aperta di una che ha sempre studiato o affrontato un problema con lo stesso approccio, per cui hanno dei modi di affrontare i problemi che possono insegnare anche a chi ha più esperienza.

Allievi: nei suoi progetti ce n’è qualcuno di cui si è pentita o ha avuto rimorsi?

A.Dallara: rimorsi no, perché le nostre macchine sono molto sicure, per me sarebbe un rimorso se producessimo una macchina che non è sicura e provoca un incidente e qualcuno si fa male, visto che al primo posto c’è la sicurezza del pilota. Anzi, al contrario, ci è capitato che un pilota ci venisse a dire che grazie alla sicurezza di questa macchina mi sono salvato la vita. Forse rimpianti per non aver accettato un tiopo di lavoro, poi a posteriori abbiamo pensato che avremmo potuto farlo, magari pensavamo di non aver abbastanza personale e invece ce l’avremmo fatta, in quel senso lì, sì.

Allievi: da quanti anni lavora da dallara?

A.Dallara: 24.

Allievi: quanti dipendenti ha l’azienda?

A.Dallara: 180, impiegati 100, 80 operai specializzati.

Allievi: suo marito lavora con lei?

A.Dallara: sì, ma lui si occupa della ricerca e dello sviluppo dei prodotti tecnologici, in un altro ufficio, ben lontani, però capita che quando si torna a casa si parli di lavori e si bisticci su queste cose, ma è un po’ difficile dire “non ne parlo più di lavoro” quando si lavora nello stesso ambito, spesso se ne parla anche a casa. C’è un risvolto positivo, perché se io ho il nervoso perché al lavoro non è andata bene una cosa posso parlargli e lui può capisce perfettamente ciò di cui parlo perché magari l’ha vissuto anche lui in qualche modo.

Professoressa: consiglierebbe alle ragazze di fare il suo percorso di studi oppure no?

A.Dallara: se sono portate per la matematica e le materie scientifiche sì, perché l’ingegneria è uno dei pochi settori in cui si trova lavoro sempre, vista la crisi dell’occupazione, non c’è problema di disoccupazione in questo campo, il lavoro è interessante. Purché siano portate.

Qui è terminata l’intervista all’ingegner Angelica Dallara, la ringraziamo per la disponibilità e la cordialità che ci ha riservato. E’ stata senza dubbio una delle esperienze più significative vissute quest’anno per la nostra classe!

Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!

L’intervista è stata fatta da tutti i ragazzi della classe, le prime domande da biagio, daniel, domenico, gloria, luca, lucrezia, marco, nicholas e vincent.